A cura di: Redazione
Fonte: Napolicalcionews.it
Valentina De Laurentiis ha rilasciato un'intervista a Rivista Undici. Di seguito le sue parole: "Sicuramente mio padre è un visionario, uno che non ha mai avuto paura di
mettersi in gioco. Ha sempre avuto idee all’avanguardia che hanno permesso alla
società di evolversi sotto ogni punto di vista. Per costruire qualcosa di
grande servono tempo, costanza e un lavoro profondo. È il coraggio di andare
oltre ciò che si conosce a rendere possibile ogni trasformazione. Negli ultimi
anni abbiamo sentito il bisogno di fare un passo in più: non solo rendere forte
la squadra, ma contribuire alla rinascita della città. Napoli ha una luce
propria, che aveva bisogno di essere vista, raccontata, valorizzata. Negli
ultimi tre, quattro anni abbiamo scelto di puntare su questo: raccontare la
magia, la poesia, l’anima di una comunità che canta e vibra a ogni ora del
giorno e della notte. Volevamo sentirci ancora più vicini al popolo, a chi vive
Napoli e a chi vive del Napoli. Il percorso di rebranding nasce dall’esigenza di rappresentare l’orgoglio
di essere Napoli e si è concretizzato in una rivisitazione del logo, con la sua
tradizionale N napoleonica rielaborata in una versione più minimal e
contemporanea. L’essenziale è stato liberato da elementi accessori, puntando su
un aspetto più pulito ed elegante, in variante monocromatica. Siamo partiti da
un’idea chiara: il Napoli non è solo una squadra di calcio, ma un simbolo
culturale. Da qui l’obiettivo di costruire un linguaggio visivo e narrativo
capace di parlare non solo ai tifosi, ma anche a un pubblico più ampio, fatto
di creativi, brand internazionali e appassionati di stile e bellezza. Le maglie? L’idea dell’autoproduzione è nata da un’esigenza di libertà e di visione.
Dopo tanti anni con i soliti brand sportivi, ci siamo resi conto che avevamo
bisogno di un’identità più personale, coerente con ciò che stavamo costruendo
come club e come città. Volevamo poter decidere ogni dettaglio, raccontare una
storia che fosse solo nostra, senza compromessi o limiti imposti da logiche
esterne. Non ci siamo ispirati a nessun modello preciso: è stata una scelta di
rottura, nata dall’idea che un club come il Napoli potesse diventare un
laboratorio creativo, capace di fondere sport, design, cultura e territorio in
un unico linguaggio visivo. Dal punto di vista operativo è stato un lavoro
enorme: dalla ricerca dei materiali alla definizione delle collezioni, fino
alla costruzione di una filiera completa che garantisse qualità, innovazione e
distribuzione. Ma il risultato è stato straordinario, perché ci ha permesso di
controllare ogni aspetto del processo creativo e produttivo e, soprattutto, di
costruire un rapporto diretto con i nostri tifosi e sostenitori. Quando abbiamo
iniziato questa avventura c’era il Covid: mancavano appena quattro mesi
all’inizio del campionato e non tutti, all’interno dell’azienda, erano
d’accordo. Per molti era un azzardo. Le aziende in Cina lavoravano con
personale dimezzato e i tempi di consegna sarebbero stati impossibili da
rispettare. Così abbiamo deciso di affidarci al Made in Italy, scegliendo
aziende e tessuti italiani per realizzare le prime maglie necessarie a far partire
il campionato. È stata una corsa contro il tempo, con un gruppo di persone
ridotto ma straordinariamente determinato. A volte non serve un esercito per
fare qualcosa di grande: servono visione, coraggio e la capacità di credere
fino in fondo nelle proprie idee. È stato un atto di fiducia nell’eccellenza
italiana e nella determinazione napoletana: due forze che, insieme, possono
muovere tutto, anche nei momenti più difficili. Negli anni successivi abbiamo
affinato sempre più il processo produttivo, mantenendo in Italia la parte
creativa e selezionando i migliori partner a livello internazionale.
L’impatto è stato immediato: abbiamo trasformato la maglia da semplice divisa
sportiva a oggetto di design, simbolo identitario. Quell’anno, il 2021/22,
siamo usciti con 13 maglie, inclusa quella di Halloween, una novità assoluta
nel calcio italiano. Abbiamo osato con idee “fuori dagli schemi”, come la
maglia con la renna o quella con il bacio, che ancora oggi vedo indossata allo
stadio. Tutto questo ha aperto margini enormi di crescita, sia economica che
culturale. Oggi siamo solo all’inizio di un percorso che può portare il Napoli
a diventare un brand globale indipendente, capace di dialogare con il mondo del
fashion, del lifestyle e dell’arte, mantenendo però salda la propria anima
popolare e partenopea. Mi sento ancora una startup in via di sviluppo: stiamo
crescendo, sperimentando, cercando di migliorare ogni giorno. Nonostante i
risultati, manteniamo quello spirito curioso e dinamico che ci spinge a
evolverci continuamente. Vogliamo migliorare sempre di più per i nostri tifosi,
che sono il vero perno di tutto. Sono loro la nostra ispirazione quotidiana.
Ogni scelta, dal design di una maglia a un nuovo progetto, nasce con l’idea di
regalare loro qualcosa che li renda orgogliosi e li faccia sentire parte di
qualcosa di unico. Il mio ruolo è proprio quello di mettere insieme idee, ispirazioni,
progetti e design. Lavoro con un piccolo gruppo creativo interno con cui
sviluppiamo il concept di ogni maglia, definendo racconto, simboli e visione da
trasmettere. Una volta elaborato il progetto, lo portiamo sul tavolo di lavoro
del gruppo Armani, con cui c’è un dialogo costante e molto costruttivo. Insieme
valutiamo materiali, tagli, dettagli tecnici e cromatici, fino ad arrivare alla
versione definitiva poi messa in produzione. L’autoproduzione ci ha dato molta
più libertà: oggi possiamo osare di più, sperimentare, essere più rapidi nel
trasformare un’idea in realtà. È un lavoro intenso ma entusiasmante, perché
ogni maglia racconta un pezzo di Napoli: sportiva, culturale, emotiva,
simbolica. Quando presentiamo le maglie, il compito del Napoli non è solo sportivo, ma
anche culturale e sociale, andiamo alla ricerca di luoghi che non tutti
conoscono: significa riqualificare e valorizzare luoghi meravigliosi della
città e della sua provincia, spesso dimenticati o abbandonati. Questo è anche –
e soprattutto – il Napoli: una squadra che ha ridato luce a una città che aveva
bisogno di essere vista, amata e raccontata nella sua verità più profonda. Per
noi è fondamentale farlo, perché Napoli deve diventare una mappa viva di luoghi
incredibili da scoprire, un viaggio continuo tra storia, arte, natura e
passione. In questi cinque anni abbiamo messo radici solide in Campania, costruendo
una base forte e riconoscibile. Ora l’obiettivo è abbracciare tutti i tifosi e
sostenitori napoletani che vivono nel mondo, farli sentire parte di un’unica
grande famiglia, anche a migliaia di chilometri di distanza. Vogliamo portare
il Napoli ovunque ci sia un cuore azzurro: attraverso nuovi store,
collaborazioni internazionali, eventi e progetti che raccontino non solo la
squadra, ma l’anima di una città straordinaria. Il futuro, per noi, è
continuare a crescere come brand globale senza mai perdere le radici. Napoli ha
un’identità così forte e universale che può parlare a chiunque: basta trovare
il linguaggio giusto per farlo. Perché alla fine Napoli non è solo un club: è
un’emozione che attraversa confini, culture e generazioni. È un modo di
sentire, di vivere, di appartenere. Ed è da lì che continueremo a costruire
tutto".
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