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GIOVEDÌ 25 FEBBRAIO 2021 - STAMPA

MARADONA, LA COMMOVENTE LETTERA DI MARTIN PALERMO A TRE MESI DALLA SCOMPARSA


L’ex giocatore rievoca alcuni significativi momenti della sua vita sportiva con El Diez


 
     
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A cura di: Maria Villani
Fonte: Diario Olè

A tre mesi dalla sua scomparsa non finisce il dolore per Diego Maradona .  A tre mesi ancora facciamo fatica a crederci e ad assimilare la perdita, speriamo che appaia e che faccia qualcosa alla quale noi siamo abituati. Magari chissà, è proprio per questo che Martin Palermo ha avuto l’esigenza di mettere per iscritto quello che sente sulla morte dell’idolo.

Lo storico attaccante, che è stato compagno del Diez al Boca e poi lo ha avuto come DT alla Seleccion Argentina, ha scritto una commovente lettera a The Players Tribune sulla sua storia e raccontando quello che è realmente accaduto toccando vari temi: la salute di Diego negli ultimi tempi, il rapporto tra i due, le chiamate nei momenti necessari e come ha vissuto quel gol al Perú al Mondiale sudafricano con Maradona.

"Non riesco ad accettare il fatto che non ci sei. Sono passati tre mesi da quando Diego ci ha lasciati. Quando ho appreso la notizia, mandai immediatamente un messaggio ad un giornalista amico che gli era vicino. 'Ma è vero?'. Mi rispose: 'Sì…'. In quel momento uno non… non può crederci. O meglio… uno si ricorda la quantità di volte in cui Diego si è trovato in situazioni simili, nelle quali era in ospedale e si moltiplicavano i rumours sulla sua morte e poi pensa: 'No, non può essere, probabilmente è solo quello che stanno dicendo. Probabilmente non è nulla. E alla fine davvero non era nulla. Maradona siempre se recupera. Maradona sopravvive sempre. C’era passato tante volte. E quindi pensi: è solo una volta in più.

Invece però poi la notizia del suo recupero non arriva mai. Mi prese molta ansia a mano a mano che continuavo ad aspettare. Mandai anche un messaggio a Claudia, la sua ex moglie, per sapere se fosse certo. E disse di sì. E tuttavia non smetti di credere. La tua mente si rifiuta di accettarlo. Per me, Diego sarà sempre qui. Ero sicuro che avrebbe vissuto fino a 100 anni.

​L’ultima tappa di Maradona

"Se potessi tornare indietro, farei tutto il possibile per aiutare Diego nei suoi ultimi anni. Cercherei di aiutarlo per fargli vivere una vita un poco più naturale, un poco più reale. Vorrei vederlo invecchiare. Però aiutare Diego non era facile, perché ci hanno provato in molti. È difficile sapere veramente quello che è successo negli ultimi tempi visto che è finita come è finita. Non mi è piaciuta la maniera in cui è vissuto gli ultimi due anni. Veder deteriorarsi tanto la sua figura... Non era il Maradona che mi piaceva vedere. Quello che lamento più di ogni cosa è che lo hanno lasciato troppo solo. Non lo hanno curato. Non lo hanno aiutato per terminare una vita che fosse degna di colui che è stato".

Diego, idolo di Martin

​"Quando vidi Maradona nell’86, quelle emozioni si ingrandirono. Vedendo le partite nel salotto di casa coi miei genitori e mio fratello, vidi Diego portare il calcio ad una dimensione che non avrei mai pensato fosse possibile. I  gol, la gloria, la passione. Il calcio era questo. Quando uscimmo per festeggiare il titolo per la strada, capii che quella era la maggior espressione di soddisfazione, di allegria, che il calcio poteva portare. E l’origine di tutta quella emozione era Maradona".

"Il momento nel quale mi sentii più vicino a lui, pur senza averlo conosciuto, fu  durante il Mondiale americano del ‘94, quando lo cacciarono dal torneo ed uscì a dire che gli avevano spezzato le gambe. Io avevo 20 anni ed avevo debuttato professionalmente due anni prima. Vederlo lì, sentire il suo dolore, mi risvegliò una nuova forma di affetto. Quando lo vidi piangere, volevo piangere anche io. È veramente difficile descrivere quello che sentii in quel momento. Tutto quello che posso dire è che mi sentii molto vicino a lui come non mai. Era Maradona, era D10S, però era anche umano".

"Conoscerlo di persona è stato un sogno diventato realtà. La prima volta è stata quando giocavo nell’ Estudiantes e andammo a giocare contro il Boca nell’agosto del 1996. Noi due eravamo capitani e ci ritrovammo nel cerchio di centrocampo. Dopo il sorteggio presi coraggio e gli dissi: 'Diego, quando finisce la partita, mi daresti la tua maglia?' Devo essergli sembrato come un piccolo tifoso … e lo ero! E questo è quello che è successo: vincemmo la partita, feci due gol, e quando finì la partita mi mandò la maglia. Diego me la mandò.

Lo spogliatoio con Maradona

"Qualche mese dopo, Maradona chiese a Mauricio Macri,  presidente del Boca, di acquistarmi. Era il 1997 e lì ebbi l’onore di approdare al Boca. La squadra era incredibile. Eppure sento che è stata una benedizione aver potuto giocare al suo fianco negli ultimi mesi della sua carriera. Ovviamente non era nella pienezza del suo momento di splendore degli anni ‘80 — il Diego del Napoli, era un altro Maradona. Eppure ti stupiva. Arrivava all’allenamento ed era come se tutto si paralizzasse e noi non facevamo altro che guardare quello che faceva con la palla o restavamo a bocca aperta mentre piazzava un’altra punizione nell’angolo".

Il legame nato dopo aver giocato insieme

"Dopo questo, iniziammo ad avere un altro tipo di rapporto. Ci univa il Boca,  e quando giocavo ancora, tornò al club come direttore sportivo. Iniziammo ad interagire di più e lì cominciammo ad avere una relazione più personale. Condividemmo gesti che significarono molto l’uno per l’altro. Venne al mio matrimonio, quando persi mio figlio, mi fu molto vicino. E quando lui ebbe momenti difficili, io fui vicino alla sua famiglia."

La convocazione ed il gol al  Perú sotto la pioggia

"Non giocavo per la Seleccion Argentina dal 1999. E nel 2008, quando avevo 34 anni, mi ruppi i legamenti del ginocchio destro. In quel momento non sapevo se sarei tornato a giocare a calcio."

"Però recuperai al principio del 2009, e per allora, per una di quelle cose strane del destino, Diego aveva assunto la guida tecnica della Seleccion. E poi iniziò ad appoggiarsi ai giocatori che stavano nel calcio locale, e non solo a quelli che venivano dall’ Europa. E quindi mi chiamò. Non giocavo da un decennio con la maglia dell’Argentina e d’un tratto Diego iniziò a darmi minutaggio. Così arrivammo alla parte finale delle Eliminatorie per il Mondiale, ed io mi rendevo conto che potevo esserne parte."

"Andammo avanti ad ottobre di quell’anno e ci trovammo con la partita che dovevamo vincere in Perù nella penultima tornata per mantenere le nostre chances di andare al Mondiale. Era un momento di crisi per l’Argentina. Non vincere un Mondiale, già era abbastanza brutto. Però non andare neanche al Mondiale… Impensabile. Eravamo veramente sotto pressione e bisognava lottare col coltello tra i denti."

"E così eccoci a giocare contro il Perù a Buenos Aires e diluviava. Un  clima biblico. Facemmo un gol. Grazie a Dio, era tutto dato per vincere 1-0. E alla fine arriva il pari del Perù prima della fine. Disastro. Eravamo finiti. Game over e addio Mondiale. La gente iniziava a lasciare lo stadio, impazzita, arrabbiata. E  Diego, che era stato molto criticato dalla stampa per il suo gioco, per aver chiamato un attaccante vecchio, che tutti credevano finito… ed invece era anche pronto."

"Però nei minuti di recupero ecco un angolo a favore. La palla mi arrivò in area, di fronte per il mio tocco in rete. Gol. Iniziai a correre come un pazzo, con tutti i compagni che mi inseguivano. Lo stadio esplose. Anche Diego si mise a correre per il campo, un tiro di testa e un tuffo sul terreno bagnato. Che momento. Che notte!"

Mi piace pensare che se la mia vita fosse un film la prima scena sarebbe questa foto nella quale sto palleggiando, il finale quando arrivano i titoli, sarebbe quella dei festeggiamenti sotto la pioggia."

Il Mondiale con Maradona

Dopo aver segnato un gol come quello, uno inizia a chiedersi che cosa succederà con il Mondiale vero e proprio. Non ci ero mai andato e ora Diego si stava preparando per annunciare la rosa definitiva, e l’incertezza era stata nell’aria per mesi. Non avevo idea se mi avrebbe portato. Ogni tanto mi chiamava e mi chiedeva come andava. E proprio prima della convocazione mi chiamò e mi disse: "Martin, devi presentarti lunedì. Andrai al Mondiale’”.

Mi ricordo ancora della sua voce in quella telefonata come se fosse ieri. Posso solo dirgli grazie. L’unica cosa che gli dissi fu: Grazie Diego. Grazie dell’opportunità. Le mie parole per lui sono sempre state di ringraziamento. Idem quando feci il gol al Perù, un abbraccio e un grazie. Era così".

Sapevo che non sarei stato tra i titolari. Avevo 36 anni quando andai in Sudafrica, e in rosa c’erano giocatori del calibro di Lionel Messi e Carlos Tevez. Però nell’ultima partita del gruppo, contro la Grecia, eravamo già qualificati per il turno successivo, Diego mi mise in campo gli ultimi 10 minuti. Fu la mia prima partita in un Mondiale e feci un gol. Lo feci con la mia famiglia in tribuna: mio fratello, suo figlio maggiore, mia moglie. Fu  uno dei momenti più felici della mia carriera, come se avessi collegato dei punti. Sentii come se la mia carriera fosse arrivata a chiudere  un cerchio.

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