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GIOVEDÌ 30 OTTOBRE 2025 - REDAZIONALE

DAL POPOLO ALLA CORTE


“Uomini forti, destini forti”, diceva...


 
     
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A cura di: Redazione
Fonte: Napolicalcionews.it

C’era una volta un allenatore che aveva guidato il popolo alla presa della Bastiglia. A Napoli, Luciano Spalletti era stato il condottiero che aveva abbattuto l’ordine antico del calcio italiano.

Mentre le grandi del Nord si spartivano i troni, lui aveva costruito un esercito di uomini e idee, unito dalla fame, dal talento, dalla rabbia di chi per anni aveva guardato il potere da lontano.

Aveva acceso il fuoco sotto il Vesuvio e lo aveva trasformato in bandiera. Lo stadio Maradona era diventato la piazza della Rivoluzione.

Ogni partita, un assalto.

Ogni vittoria, una conquista.

Quando arrivò lo scudetto, non fu solo un trofeo: fu la caduta del Palazzo.

La città si rovesciò per strada come un popolo in festa dopo secoli di attesa.

E lui, Spalletti, era l’uomo del popolo, il comandante che aveva mantenuto la promessa, ma la storia, si sa, non si ferma al giorno della vittoria.

Finita la Rivoluzione, arriva la Restaurazione.

E così, l’allenatore che aveva incendiato le piazze ora entra nei corridoi del potere.

Non più la tuta sgualcita dell’uomo di trincea, ma la divisa elegante di corte. Non più il boato del popolo, ma i silenzi levigati delle stanze dove si decide chi vince e chi perde.

È come se il generale che aveva guidato l’assalto alla Bastiglia fosse stato invitato a Versailles per servire il Re. Come se Danton avesse accettato di lucidare il trono che aveva fatto tremare.

E lui, Spalletti, con il tatuaggio dello scudetto inciso sul braccio, dovrà nasconderlo sotto la manica della nuova tuta bianconera: il simbolo della rivolta coperto dall’uniforme del potere.

Qualcuno dirà che è solo lavoro, che il calcio è mestiere, che non ci sono rivoluzioni che durano per sempre. Si, forse, ma a Napoli certe cose non si dimenticano. A Napoli ogni promessa ha un peso, ogni parola resta appesa tra il Vesuvio e il mare. E quando un uomo che aveva giurato “mai un’altra tuta di Serie A” indossa quella della Juventus, il popolo non parla: guarda, e ricorda.

Spalletti, l’uomo che aveva acceso la rivoluzione, adesso cammina nei saloni di Versailles. Non è più il comandante del popolo, ma il funzionario dell’ordine. Forse non si è arreso, forse ha solo scelto di sopravvivere, ma la storia non distingue, la storia, semplicemente, registra.

Alla fine, le sue parole più celebri tornano indietro come un’eco amara: “Uomini forti, destini forti”, diceva, ma questa volta sembra valere il contrario: ci sono destini così forti da rendere deboli anche gli uomini che li inseguono.

A cura di Luigi Pezzella