A cura di: Redazione
Fonte: Il Mattino
Ottavio Bianchi, ex allenatore del Napoli, ha rilasciato un'intervista al quotidiano Il Mattino. «Finalmente Napoli è al centro del mondo. È una città che ha
attraversato periodi difficili e i napoletani sono stati bravi a superarli
grazie al loro carattere e alla loro capacità di adattamento. Ricordo le mie
due esperienze a Napoli, prima da calciatore e poi da allenatore. Se
passeggiavi nei vicoli dovevi fare molta attenzione e invece adesso quei luoghi
sono frequentatissimi dai turisti, senza alcun problema. C’è stata una crescita
straordinaria in tutti i campi, dalla cultura alla ristorazione. E poi c’è il
calcio, la ciliegina sulla torta che mancava». Trentott’anni fa lei portò lo scudetto a Napoli. E poi la
Coppa Uefa. Quali sono le differenze tra le due squadre e tra i due momenti? «È cambiato il mondo, non una squadra o un allenatore.
Cominciamo dallo staff tecnico. Io avevo un paio di collaboratori: nell’attuale
team di un allenatore quanti ne contate? E poi le differenze su preparazione,
infortuni e tempi di recupero, alimentazione. Ai tempi nostri mangiavamo cose
che adesso sarebbero proibite. Infine, la conoscenza di altri mondi calcistici:
adesso sai tutto di tutti, a qualsiasi latitudine, prima dovevi affidarti alle
conoscenze e alle esperienze di qualche amico. È tutto migliorato, pensate ai
record nell’atletica. Gli unici progressi non sono stati fatti nel calcio,
visto che la Nazionale è rimasta fuori dagli ultimi due Mondiali. L’evoluzione
del Napoli è stata significativa, direi esaltante. Due scudetti in tre
campionati testimoniano l’apertura di un grande ciclo. E la squadra ha un
vantaggio rispetto alle concorrenti». Quale? «Non ha cambiato l’organico e ha aggiunto calciatori. Quando
si cambia vi possono essere rischi tattici e tecnici perché un giocatore ha
bisogno di tempo per conoscere la nuova squadra e inserirsi. È un pericolo che
il Napoli di Conte non corre, avendo riconfermato il gruppo che ha vinto il
quarto scudetto». Ma rispetto alla scorsa stagione c’è la Champions da
giocare. «E allora? Il Napoli sarà protagonista anche in Europa
perché si è attrezzato per essere competitivo. Certo, bisogna poi prendere atto
della realtà del calcio italiano. Negli anni ‘80 la serie A era il campionato
top: da Maradona a Platini, venivano tutti a giocare qui. Adesso l’Italia si
trova in quinta fascia dopo Inghilterra, Spagna, Francia e Germania». Nella prima stagione di Conte sono stati fatti paragoni
con Bianchi, sottolineando il comune rigore per conquistare un titolo.
Condivide? «Mi spiace per Conte se hanno fatto questi paragoni... Io
non sono abituato a giudicare un allenatore dal numero delle vittorie, che nel
caso di Conte sono pure tante. Perché talvolta un insuccesso può essere causato
da un dettaglio. Invece, quello che conta, almeno ai miei occhi, è il segno che
si lascia in un club. E dovunque sia andato Conte ha dimostrato la sua serietà
e la sua bravura, sostenute dal lavoro della società. Perché c’è poco da fare:
puoi essere il migliore pilota al mondo ma se non hai l’auto giusta...
L’esempio può essere la Ferrari, magari in grado di vincere un gran
premio ma non il Mondiale. Invece, il Napoli è attrezzato per vincere il
Mondiale, non solo la gara su un circuito. Con un pilota bravo».
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