A cura di: Ciro Gaipa
Fonte: Napolicalcionews.it
NAPOLI – Quella che doveva essere una normale
giornata di sport si è trasformata in un grave episodio di intolleranza e
violenza ai danni di un cittadino e professionista noto per il suo impegno
civile. Marco Rossano, docente, giornalista e documentarista da anni attivo nel
sociale, ha denunciato di essere stato aggredito e schedato dalla Polizia
all’ingresso dello stadio “Diego Armando Maradona” prima della gara
Napoli-Genoa del 5 ottobre 2025, colpevole – secondo quanto riferisce – di
indossare una sciarpa della Palestina. “Mi è stata sequestrata la sciarpa che porto da anni per
sostenere il popolo palestinese – racconta Rossano in un video denuncia condiviso sui social – mi è stato detto che non
potevo introdurre ‘messaggi politici’ all’interno dello stadio, nonostante
siano sempre visibili bandiere di ogni altra nazionalità”. Alla sua richiesta
di spiegazioni, la situazione sarebbe degenerata: “Sono stato spintonato e portato dietro un muro, dove mi hanno chiesto i documenti che
avevo già in mano. Mi è stata contestata la resistenza a pubblico ufficiale,
sono stato schedato e minacciato”. Solo dopo essersi qualificato come giornalista, i toni si
sarebbero “leggermente calmati”, ma le minacce, secondo la testimonianza, non
si sarebbero fermate. “È stata un’esperienza umiliante – aggiunge Rossano – e
credo che episodi come questo rappresentino un grave segnale. Se una persona
viene aggredita solo per aver portato una sciarpa, significa che i nostri
diritti civili sono davvero in pericolo”. L’episodio, se confermato, solleva interrogativi profondi
sullo stato della libertà di espressione e sull’uso della forza da parte delle
forze dell’ordine in contesti pubblici. In un luogo che dovrebbe essere simbolo
di passione e condivisione come lo stadio, la scelta di reprimere un gesto
pacifico e simbolico rischia di trasformarsi in un inquietante precedente di
censura.
È inaccettabile che, nel 2025, un segno di solidarietà verso
un popolo martoriato venga trattato come un atto sovversivo. La democrazia non
si difende limitando le voci, ma garantendo a ciascuno il diritto di esprimere
la propria coscienza – anche, e soprattutto, quando non coincide con quella del
potere.
|