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DOMENICA 25 MAGGIO 2025 - REDAZIONALE

NAPOLI E LO SCUDETTO: I PROMESSI SPOSI


E così sia. Canta Napoli. L'Italia è ai tuoi piedi


 
     
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A cura di: Redazione
Fonte: Napolicalcionews.it

Poiché i tempi che corrono son tali, che l’uomo moderno tutto misura col clic, col tweet, e col rigore del VAR, parrà forse strano a qualcuno che uno scrittore si metta a raccontare di una squadra di calcio come si racconta d’una stirpe antica o d’un prodigio biblico. Ma tant’è. Noi, che non possiamo far miracoli né modificar le classifiche, possiamo però dare parola alla memoria, ché se c’è una cosa che ancor vale, è ricordare. E se poi questo ricordo appartiene a un popolo che piange, canta, si angoscia e crede con la stessa intensità… allora tanto meglio. Eccovi dunque una storia. Di campo, di sangue sportivo, di una città che ha saputo attendere. Di Napoli, e dei suoi quattro scudetti.

Capitolo trentotto – ovvero della vittoria celeste della città partenopea

Quel popolo, che da lunga età camminava tra le angustie del cuore e le strettoie dell’anima, finalmente vide levarsi all’orizzonte una luce che pareva non più promessa, ma dono. Non erano passati pochi anni, né pochi dolori. Dopo i due primi trionfi – che furono come il tempo della giovinezza, quando ogni cosa è speranza e ogni voce è canto – sopraggiunse un silenzio greve. Napoli, che un tempo avea toccato il cielo con l’invenzione del D1OS sudamericano, con quel Diego che, più che uomo, pareva l'incarnazione del divino, si ritrovò a camminar deserta tra gli stadi, come Lucia tra i monti, perseguitata da forze che non le volean bene. E il popolo, ché tale era il vero protagonista di questa istoria, non cessò mai di sperare. Sì, si lamentava, come fa chi soffre; si divideva, come fanno gli innamorati delusi; ma nel fondo del petto serbava quella brace viva che arde senza consumare. E venne l’anno del Signore 2023, e parve che la Provvidenza – la vera protagonista, direbbe chi scrive – si ricordasse di questa città. Una squadra umile, gagliarda, che pareva fatta più per il cuore che per il nome, prese a vincere con quella grazia che non nasce dalla forza, ma dal destino giusto. Si sparse un fremito lungo via Toledo, un mormorio sul lungomare, e tutta la città cominciò a credere che fosse vero. E scudetto fu. Ma ecco, ché la storia, si sa, non si ferma alle pagine liete. Dopo il terzo, atteso per trentatré anni come fosse il ritorno d’un Redentore, Spalletti – l’uomo che aveva condotto il popolo al trionfo – se ne andò. Napoli, e il Napoli con lei, parvero cadere in un abisso d’incredulità: dal trono alla decima piazza, lontani dall’Europa e da sé stessi. Uno sgomento fitto, come nebbia su mare calmo. Ma quando il silenzio pareva totale, giunse un nome: Conte. E con lui, sul motto: "Amma faticá" una nuova promessa cominciava a farsi largo, s'immaginava la luce al di fuori della caverna, ma non finì lì, non fu solo immaginazione . Perché, come Renzo e Lucia che dopo mille traversie giunsero finalmente a nozze, così Napoli giunse, con fermezza e dolore vinto, al quarto scudetto. Non uno in più per caso, ma uno in più per riscatto. E allora chi scrive, pur essendo nato sotto il Vesuvio, non può che inchinarsi dinanzi a questo popolo che ha amato, atteso, sofferto e infine vinto. Non già per potere, né per oro, ma per fede. E come Renzo disse a fine romanzo: "Abbiamo fatto un gran viaggio..." così Napoli può dirlo ora, col cuore pieno e le mani levate al cielo. E in quel momento – o voi che leggete e forse sorridete – tutto tacque. Tacquero le trombe del dubbio, i cori velenosi dei nemici, le chiacchiere dei bar, le trasmissioni urlate del lunedì. Restò soltanto Napoli. Napoli in piedi, Napoli vestita d’azzurro come una sposa al suo giorno eterno. Il cielo parve calarsi sul Maradona e si udì una voce, forse del Vesuvio, forse del tempo: "’O scudetto, quanno arriva, nun se spiega: se canta".

E così sia. Canta Napoli. L'Italia è ai tuoi piedi.

A cura di Luigi Pezzella