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GIOVEDÌ 26 NOVEMBRE 2020 - STAMPA

DIARIO AS – DIEGO, LA LEGGENDA, UNO DI NAPOLI CHE NAPOLI ORA PIANGE…


Il commosso ricordo di Mirko Calemme, corrispondente per il quotidiano spagnolo


 
     
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A cura di: Maria Villani
Fonte: Diario AS

La storia del Napoli e di Napoli cambiò quel 5 luglio 1984. Quel giorno 90mila napoletani (e c’è chi giura che ne erano di più) si autotassarono di mille lire (oggi 50 centesimi di euro) per accogliere al S. Paolo quel ragazzo con i riccioletti venuto da Barcellona per vincere e dedicare questa vittoria ai ragazzi poveri della città.

Diego Armando Maradona aveva messo in chiaro fin dal principio che il suo periodo napoletano sarebbe andato molto al di là del piano calcistico: sarebbe stato leggenda. Tardò solo tre anni al compimento della sua promessa, portando il Napoli ad essere campione d’Italia per la prima volta nella sua storia. Il 10 maggio 1987 è una data scolpita nella mente di qualsiasi tifoso azzurro: “Non sapete quello che vi siete persi!”, qualcuno aveva scritto all’ingresso del cimitero in quel giorno. Diego aveva ottenuto con la sua magia e la sua leadership quello che Napoli mai aveva conseguito dall’unità d’Italia: sentirsi, almeno una volta, più forte delle potenze del Nord.
Lo aveva fatto in una Serie A meravigliosa, ripiena di campioni, anche in Europa. Nella stagione 1988-89, Maradona alzò, battendo lo Stoccarda in finale di Coppa UEFA, primo ed unico titolo internazionale del club. Ferlaino, che lo ingaggiò al termine di una trattativa rocambolesca, prima della vittoria, aveva promesso di lasciarlo andare all’Olympique Marsiglia, che gli offriva un contratto ricchissimo. Diego voleva cambiare aria non sopportava più la pressione di una città che lo adorava come un dio ‘sua seconda madre’ ma che non lo lasciava vivere. Alla fine il presidente si tirò indietro. Non avrei mai potuto fare questo – confessò poi anni dopo.

Diego lasciò la città nel 1991, dopo aver conquistato un anno prima il secondo scudetto con i partenopei, che da allora non lo hanno ancora più vinto. In eredità ha lasciato anche una Supercoppa italiana, vinta contro la Juve ed una quantità immensa di ricordi e di aneddoti.  A qualsiasi napoletano nato dopo il 1984 risulterà impossibile ricordare l’esistenza del Pelusa (come lo chiamano in Argentina). Diego ha sempre fatto parte della loro vita, uno di famiglia, uno di casa. Per questa ragione ieri per le strade dei Quartieri Spagnoli, la gente piangeva e intonava cori con il suo nome, sfidando il confinamento e la zona rossa.

Il Napoli ha ritirato il numero 10 in suo onore già da due decenni e ben presto il Comune gli dedicherà lo stadio che non si chiamerà più S. Paolo. E non a caso appare il suo sorriso in ogni angolo di una città che piange il suo eroe. E che mai potrà tornare ad essere la stessa.