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SABATO 4 NOVEMBRE 2017 - IL MATTINO

MARIO RUI, L’ORA DELLA RISCOSSA PARTE CONTRO IL CHIEVO?


Il portoghese, figlioccio di Sarri già all’Empoli vuol riprendere a giocare dopo la “maledizione del crociato”


 
     
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A cura di: Maria Villani
Fonte: Il Mattino

Coraggio, piccolo soldato incompreso. Ha fretta, Rui, ma anche timidezza. Come se ancora non fosse capace di scavalcare, ignorare, vincere il tempo. Troppa ansia, ma nessuna cattiveria, di quella che fa fare brutti gesti. Anche se a 26 anni non può essere certo il probabile esordio in maglia azzurra con il Chievo un appuntamento con la gloria, quella di domani al Bentegodi sarà comunque una tappa assai importante per la vita di Mario Rui. Niente più missioni per lui: sono tre mesi che aspetta questo momento. E sono cinque mesi che non gioca una partita da titolare, da quel Roma-Genoa del 28 maggio che costò al Napoli il secondo posto.

All’inizio della sua avventura napoletana ha capito che era giusto stare all’uscio, ma da qualche settimana il ruolo di gregario aveva cominciato a dargli fastidio. Anche se c’era da portare la borraccia a Ghoulam. Ovvio, alla sua maniera. Ovvero, senza farlo mai intendere a nessuno. Figurarsi a Maurizio Sarri: sotto il profilo della «scolarizzazione» ai concetti difensivi del tecnico di Figline, Rui è una specie di bambino prodigio perché di gare con Sarri in panchina all’Empoli ne ha giocate ben 65. C’era il discorso della condizione fisica, perché anche il portoghese se l’è vista brutta, colpito pure lui dalla maledizione del crociato anteriore.

Che destino, per Mario: doversi preparare a sostituire uno che è finito ko proprio con il suo stesso accidenti. 29 luglio del 2016: a Boston durante un allenamento con la Roma il terzino rimane a terra dopo un contrasto con Seck. Il ginocchio fa crac. E fa crac pure la sua avventura con i giallorossi: 9 presenze e quasi tutte nel finale di stagione.

Questo è il suo primo «day before» della sua esperienza napoletana: sì, lui sa che domani potrebbe toccare a lui. Anche perché se non dovesse succedere il rischio sarebbe quello di farlo abbattere. È stanco, Rui, di attendere: cosa ci fa un soldato senza più battaglie? In queste settimane in cui ha capito che quell’infortunio non ha lasciato più tracce. Né nel corpo né nello spirito. Arrivò a Dimaro e in una intervista al Mattino confessò. «So che dovrò lavorare un poco prima di essere pronto, ma non vedo l’ora di iniziare».

Il giorno dell’inizio sta per arrivare, atteso con pazienza e ferocia. È uno degli esterni più bassi della serie A ma è da sempre abituato a fronteggiare chi ha dieci centimetri di più d’altezza. Schema perfetto. La voglia di tenere avversari sempre sotto, non farli mai respirare, respingere ogni attacco, prendere il largo. Sarà mica una fatica farsi in quattro? Ammise: «È stato proprio Sarri a spiegarmi come si fa a marcare uno più alto di te: bisogna arrivarci prima con il senso della posizione». Francesco Sinatti, il preparatore della squadra, una bravura sconvolgente, lo ha lentamente portato a una buona condizione, tra lavoro personalizzato e allenamenti di gruppo. Ne ha seguito meticolosamente i suoi progressi. Quando Sarri e Rui si sono conosciuti, Mario era solo un terzino che pensava a spingere e fare cross. Le due stagioni con lui sono state quelle della consacrazione: in Portogallo era una specie di “enfant prodige”, capace a 18 anni di aver indossato già le maglie del Benfica e dello Sporting Lisbona, le due grandi rivali lusitane. In Italia è diventato terzino vero. Per intenderci: per portarlo al Napoli, Giuntoli e Sarri lo hanno pressato senza sosta. «Quasi stalking», scherzò Mario Giuffredi, il suo procuratore. Disse di sì al club azzurro dopo che il ds del Napoli gli piombò in pieno giugno nella sua casa a Casal Palocco. Passandogli al telefono proprio il suo vecchio mister ai tempi dell’Empoli.

Domani, quando avrà la certezza che giocherà titolare, guarderà il campo, l’orizzonte di un destino, dirà qualcosa a stesso, ingoierà un umore e poi comincerà a giocare. La voglia di far vedere che non ha paura è molto forte. Tutto comunque sarà deciso in giornata, a seconda delle condizioni atletiche del portoghese nato nella stessa città di Vasco da Gama, a Sines.

Un’inattività lunga ma ora è il momento di osare con la possibilità di giocare insieme con Hysaj, uno di quelli a cui è più legato. Certo, anche l’albanese potrebbe giocare a sinistra, perché a Empoli lo ha fatto tante volte (con Saurini a destra). Il gruppo degli empolesi è assai unito, anche qui a Napoli: tra Hysaj e Rui c’è un’amicizia e una stima inconsuete a certi livelli, e per campioni simili. Basti pensare che è proprio l’albanese, di tanto in tanto, a dargli uno strappo a Castel Volturno: già, è vero che si è riscritto a scuola-guida, ma al momento Mario non ha ancora la patente ed è senza auto. Ha scelto di vivere a poca distanza dal centro tecnico di Castel Volturno, a Licola, in quella che era la casa di Inler, con la moglie e i due figli, che vanno a scuola a poca distanza. Ed è Renata la moglie, spesso, ad accompagnarlo all’allenamento: a Roma si alternava con Rudiger nel ruolo di autista del portoghese.

Esce poco la sera e quando può va a cena a Baia, nello storico Il Gabbiano della famiglia Laringe, alternandosi con Allan, Sepe, Rafael e quasi sempre in compagnia dell’agente Giuffredi. «Mai visto mangiare una frittura in vita sua», confidano dal ristorante con vista sul golfo di Pozzuoli.

Ci sono dei momenti orribili nella vita in cui non si hanno ripari, si guarda fuori, ed è atroce. Sono momenti in cui si può avere molto e si finisce un attimo per non avere nulla. Sa quello che sta provando Ghoulam in queste ore, ci è passato pure lui. Ed è per questo che lo ha chiamato nelle ultime ore per fargli sentire il suo affetto: sono momenti brutti ma passa tutto. Già, anche Mario Rui si è messo alle spalle. «Il grande merito di Sarri? Mi ha fatto lavorare sulla concentrazione. Mi ha spiegato che giocando con la testa, sarei riuscito a prendere la palla in un contrasto aereo posizionandomi meglio del mio avversario, partendo prima, facendo i movimenti giusti prima di lui...». Ecco, Mario Rui non vuole più aspettare: è pronto. Domani col Chievo vorrebbe tanto sentire pronunciare il suo nome. È da tempo che sente di poter giocare con il Napoli. Ed è arrivato il momento di dimostrarlo. A se stesso, per prima cosa.