TORNA IN HOMESOCIETA'SQUADRASTAGIONECalciomercatoSTATISTICHECONTATTI



VENERDÌ 30 OTTOBRE 2020 - STAMPA

LA REPUBBLICA – "MARADONA È MEGL'E PELÉ", COSÌ NACQUE QUEL BRANO LEGGENDARIO


Musica di Bruno Lanza (che non era amante del calcio), testo del Maestro Emilio Campassi


 
     
0


A cura di: Maria Villani
Fonte: La Repubblica

San Paolo, macché San Tommaso. I napoletani non ebbero alcun bisogno di toccare con mano, per credere: professarono la loro fede subito e a scatola chiusa, bruciando sul tempo la più conservatrice comunità del calcio. Essì.  "Maradona è megl 'e Pelé". Fu più facile dirlo dopo il Mondiale vinto quasi da solo dal pibe de oro nel 1986, in Messico: con una Argentina sgangherata e vecchiotta, assistito da Valdano e Burruchaga, mica da Didì e Vavà. Oppure dopo i due leggendari scudetti, la Coppa Uefa, la Coppa Italia e la Supercoppa Italiana conquistati da Diego con la maglia azzurra del Napoli, da capitano di una squadra del Sud affamata e con la bacheca storicamente semivuota: stando sempre per scelta dalla parte dei più deboli, non con i più forti. Pareva una eresia. A Fuorigrotta e dintorni avevano invece già capito tutto in anticipo, prima ancora che il dio del calcio mettesse piede con un'orma da gigante nel suo nuovo stadio, dove nelle successive sette stagioni avrebbe urlato al mondo di essere il numero uno, finendo per convincere tutti.

Un giorno il San Paolo sarà intitolato al Diez e anche San Tommaso non avrebbe avuto nulla da ridire, con il senno di poi. Perché Maradona è megl' 'e Pelé e adesso sono rimasti in pochi a credere il contrario, a Napoli nessuno. Nell'estate del 1984, quando Diego mise piede per la prima volta nel suo nuovo stadio, per la presentazione ufficiale, in 80 mila comprarono un biglietto al prezzo simbolico di tremila lire, solo per vederlo. "Buonasera, napolitani...". E il 30 ottobre - data di nascita del pibe de oro - in città diventò automaticamente da quel pomeriggio come il 25 dicembre: Natale. 

Lo celebrano pure le nuove generazioni, che il Re dal vivo non lo hanno mai visto. Ma in fondo fu lo stesso anche 36 anni fa, quando Diego fu incoronato e messo sul trono prima ancora di segnare il suo primo gol per il Napoli. Anzi di lasciare Barcellona e trasferirsi in città.

"Maradona è megl 'e Pelé" diventò infatti lo slogan di un popolo e il titolo profetico di una canzone, entrata nella hit parade dell'epoca con 35 mila nastri venduti e 2 milioni di copie falsificate. La scrisse il paroliere Bruno Lanza, che di calcio nulla sapeva, sulla spinta del musicista-tifoso Enrico Campassi. Nelle strofe c'era anche il presagio degli scudetti e di una rivincita sociale, oltre che sportiva. Il bello è che El pibe de oro non aveva ancora firmato il contratto per indossare la maglia azzurra, quando il motivetto era approdato segretamente in sala di registrazione. Furono stampate 35 mila copie, il lato B era "Il tango di Maradona", Diego doveva ancora debuttare col Napoli. Furono poi vendute almeno due milioni di copie pirata. Gli autori fecero una scommessa. Avrebbero poi scoperto anche loro che era già vinta in partenza.