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SABATO 22 APRILE 2017 - EDITORIALE

CONOSCERE LA STORIA PER ESTIRPARE LA RADICE DELL’ODIO RAZZIALE


Il “padano” Virgilio, patrono di Napoli


 
     
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A cura di: Domenico Fontanella
Fonte: napolicalcionews
Alla vigilia del match contro il Sassuolo, tiene banco la discussione sugli ennesimi insulti razzisti gratuitamente rivolti contro i napoletani da parte delle altre tifoserie. Proprio qualche giorno fa, Luigi De Magistris  ha inaugurato lo sportello anti-offese del Comune, annunciando l’intenzione dell’amministrazione di querelare i detrattori della città di Napoli.
Il sindaco partenopeo punta evidentemente a scongiurare il verificarsi di episodi diffamatori, come quello che ha visto protagonista, appena un mese fa, il Sindaco leghista di Cantù che definì Napoli  "una fogna infernale". 
Seppur apprezzabile, l’iniziativa in questione rischia tuttavia di dare troppa importanza a personaggi che non meritano alcuna considerazione, e le cui esternazioni rivelano l’assoluta ignoranza delle proprie radici, prima ancora che la mancata conoscenza della storia del popolo partenopeo.
Questi denigratori seriali ignorano, probabilmente, che il “padano” più illustre di tutti i tempi, Virgilio, pur avendo girato mezzo mondo, scelse Napoli per lasciar riposare le proprie spoglie. Addirittura,  una leggenda vuole che il grande poeta latino, in punto di morte, avesse dettato l’epitaffio da incidere sulla propria tomba (“Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope; cecini pascua, rura, duces”…“Mantova mi generò, la Calabria mi rapì, e ora mi tiene Napoli; cantai i pascoli, i campi, i condottieri”), ubicata a Mergellina in prossimità dell’ingresso dell’antichissima grotta di Posillipo o crypta neapolitana.
Il “Vate”, o anche “Mago”, entrò in perfetta sintonia con i Napoletani, tanto da essere venerato da questi ultimi  come una vera e propria divinità protettrice della città, al pari della sirena Partenope (alla quale veniva spesso accostato al punto da essere chiamato anche “Parthenias”).
Al suo ruolo di nume tutelare sono legate alcune leggende che confermano la tendenza storica dei napoletani a mescolare il sacro e il profano, gli elementi pagani e cristiani, e a volte anche esoterici.
Si racconta, ad esempio, che Virgilio avesse nascosto un uovo magico nelle fondamenta di Megaride,  e che dalla integrità di  quest’uovo dipendessero le sorti della città  (questa sarebbe anche la ragione del nome attribuito al Castel dell’ovo, oltre che per la forma ovoidale dell’isolotto).
Secondo un’altra versione, il destino della città sarebbe dipeso, invece, dal potere di auto-preservazione delle reliquie dell’autore dell’Eneide sepolte nelle fondazioni di Megaride. 
Sono numerosissime le leggende virgiliane, ed il culto di Virgilio (del “parthenias”, ovvero del “vergine”) continuerà ad essere esercitato attivamente fino al medioevo. Soltanto intorno al 1300, cominciò pian piano ad essere soppiantato da quello della Madonna (un’altra “Vergine”). E così: il monte su cui, secondo la leggenda, il “Vate” aveva installato il proprio giardino ricco di erbe medicinali si trasformò da “Monte di Virgilio” in “Monte Vergine” (ove è attualmente allocato il famoso santuario); ai riti orgiastici e propiziatori per la fertilità ai quali partecipavano giovani vergini, proprio nella zona dove è ubicata la tomba di Virgilio, si sostituì la festa cristiana dedicata alla Vergine di Piedigrotta.
Che dire... se il resto d’Italia avesse maggior contezza delle  proprie radici e della propria storia, imparerebbe ad apprezzare molto di più anche la città di Napoli.